Progetto M. I. A. memoria identità ambiente

Un piccolo viaggio di ricerca sulla tradizione attingendo dal più grande e prezioso archivio a nostra disposizione, la memoria degli anziani..

Capita sempre più spesso che, travolti e storditi dalla valanga di informazioni, nozioni, immagini e suoni da cui siamo circondati costantemente, tra i ritmi incalzanti della modernità e le richieste sempre più pressanti del mercato (mercato del lavoro, dello studio, dell’intrattenimento…) dimentichiamo di avere sotto gli occhi, accanto alle orecchie, un patrimonio di saggezza, di conoscenze e competenze di dimensioni inimmaginabili. Sono i saperi dei nostri nonni e delle nostre nonne, degli anziani che parlando dei “tempi che furono” possono aprirci spiragli di luce inimmaginabili, aiutarci a crescere, a conoscere, a riflettere. Si tratta di saperi che spesso, per centinaia di anni (o più) sono stati tramandati di bocca in bocca da una generazione all’altra. Saperi che hanno come canale unico e privilegiato l’oralità, la quale a sua volta richiede presenza, relazione, messa in discussione. Saperi che, per essere davvero trasmessi, hanno bisogno di orecchie attente, di occhi curiosi, di interlocutori pronti a cogliere, a chiedere, a sperimentare.

 

Partendo da queste riflessioni gli studenti di due classi quarte del Liceo Scientifico Benedetto Rosetti di San Benedetto del Tronto hanno intrapreso un percorso di scoperta, o meglio di ri-scoperta, del più grande archivio che ognuno di noi ha a disposizione, quello della memoria orale. E di questo archivio immenso hanno interrogato i custodi, anziani e anziane. Dalle domande degli studenti sono nati degli incontri, che si sono trasformati in esperienze vissute, dove oltre a raccogliere informazioni preziosissime, i ragazzi hanno cantato, ballato, recitato poesie, muovendo qualche piccolo passo in un mondo antico eppure a noi tanto vicino, dove la musica e il ballo erano protagonisti.
Hanno scoperto, ad esempio, che la musica serviva a onorare le forze della natura per il buon raccolto ricevuto o per quello che si sperava sarebbe arrivato, per comunicare con gli animali (una dimostrazione ne è la zampogna, utilizzata per attirare il gregge di pecore), come strumento terapeutico (ad esempio per curare quella che la medicina moderna chiama mastite nelle mucche).

O anche per incantare gli animali (famosi gli incantatori di serpenti indiani, ma anche nel rito ancora oggi popolarissimo del Bove di Offida si usa incantare per tre giorni il toro, animale potenzialmente aggressivo, attraverso la zampogna). Anche il ballo aveva una funzione vitale nella vita individuale e sociale dei nostri nonni e delle nostre, e segnava i principali momenti rituali della collettività.
Per queste scoperte, per le riflessioni che le hanno accompagnate, per le esperienze che le hanno veicolate, ringraziamo le nonne e i nonni che ci hanno raccontato, recitato e cantato la vita che hanno vissuto, e Massimiliano Di Carlo, musicista ed etnomusicologo, che della ricerca vissuta ed “esperita” ha fatto non solo un mestiere ma un percorso di vita da condividere, e ha arricchito di studi e ricerche di altissimo lavoro il panorama degli studi demo-etno-antropologici e musicologici relativo alle zone rurali e montane del Centro Italia.

A CASA DI UN SUONATORE DI ORGANETTO

A casa di Primo Marconi, suonatore di organetto di Offida.

 

GLI STRUMENTI MUSICALI DELLA TRADIZIONE AGRO PASTORALE

Foto e descrizioni provenienti dall’archivio privato di Massimiliano di Carlo, associazione Alberi di Maggio

L’ORGANETTO

Primo Marconi, suonatore di organetto di Offida

L’organetto dalla metà del XIX secolo entra pienamente nella tradizione agro pastorale del centro-sud Italia, sostituendo quasi completamente gli strumenti più arcaici quali la zampogna, i violini, i calascioni, le chitarre, i mandolini. Nei riti tradizionali accompagna il ballo e il canto durante i momenti più importanti del ciclo dei lavori agricoli – la mietitura, la scardozzatura, il carnevale, le feste domestiche. Oggi è ancora molto diffuso in tutte le Marche e l’Abruzzo.

Organetto – Saltarello

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LA CIAMBROGNA

Francesco Capoferri, San Benedetto del Tronto (AP) tiene in mano la ciambrogna che costruì per lui “Fefèlu ferrar” a Spinetoli negli anni 60

Ciambrogna – Saltarello

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La “ciambrogna”, o scacciapensieri, è uno degli strumenti importato dalla cultura Rom nel Mediterraneo da secoli orsono. Gli studi e le ricerche sulla tradizione orale hanno individuato gli ultimi costruttori di questo genere di strumenti a Spinetoli e ad Appignano del Tronto, proprio nella provincia di Ascoli Piceno. Lo scacciapensieri è conosciuto e usato in tutto il Regno delle Due Sicilie (ma non solo), con nomi diversi a seconda della zona: tromba degli zingari a Napoli e Caserta, marranzano in Sicilia, mallarruni in Calabria, Ribeba in Piemonte, Jew’sharp nei paesi anglosassoni, Guimbard in Francia.
La ciambrogna è uno strumento a conduzione ossea, ovvero la produzione della vibrazione della lamella si conduce nel telaio in ferro che è in contatto diretto con i denti e dunque il cranio. Da qui la modulazione delle risonanze attraverso la variazione delle vocali mette in risalto le varie formanti armoniche del bordone. In alcune zone della Siberia e Scandinavia questo strumento è ancora usato per fini terapeutici.

IL COLASCIONE

Flavio Camplone, costruttore di Colascione a Caramanico Terme (PE)

Colascione

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Il colascione, in dialetto è chiamatocalascion, culascion, o rebbecone (dal termine di orgine greca “ribeca”, che indica un antico strumento ad arco e che a sua volta deriva dallo strumento di origine araba “rebab”) è lo strumento che utilizzavano i trovatori nel Medioevo e che hanno utilizzato fino a poco tempo fa i poeti pastori per accompagnare i canti e le serenate. Si suona in maniera battente, non ha tasti, serve a creare un “bordone”, un accompagnamento al canto delle feste da ballo o alla poesia.

Una delle poesie tramandate di bocca in bocca dai pastori-poeti del Centro Italia e accompagnate dal calascione racconta il mito di Ninfa Siringa e del dio Pan, introdotto nella cultura italica da Ovidio, e conservata dalla tradizione orale e contadina per due millenni, oggi custodita dai pastori poeti che vivono tra le Marche e l’Abruzzo.

Vaga ninfa siringa erra da bene,
Mentre dietro di lei correa dioPane
Da Giove inganna trasformata viene
Fermo l’amator già non rimane
Forma da quella strepitosa vene
Già suonar solea di sera in mane
Sol per ricordo di quel biondo crine
Tra pastori per valli e per colline
Sol per memoria di quel biondo crine
Tra pastori per valli e per colline

CIMBERA (TAMBURELLO)

Giovanni Capoferri, suonatore di tamburello, Porto d’Ascoli (AP)

Strumento a percussione della tradizione agropastorale del Piceno, in dialetto ascolano “lu cimbera”. Il movimento necessario a suonare lo strumento deriva dal gesto del setacciare la farina. Infatti lu cimbera, come altri strumenti della tradizione contadina, non è altro che il frutto del riciclo di oggetti di uso quotidiano: per setacciare la farina si utilizzavano delle reti che quando si rompevano, venivano sostituite da pelli conciate e utilizzate come strumenti musicali. I paesi dell’ascolano in cui era in uso questo strumento sono Appignano del Tronto, San Benedetto del Tronto, Acquasanta Terme, Folignano.

LI CIARAMMELL (Zampogna)



Domenico Balsami, suonatore di zampogna di Isola del Gran Sasso (TE)


Zampogna

Strumento della tradizione pastorale diffuso in centro sud Italia con il nome dialettale “Ciarammelle”. Era in uso anche ad Arquata del Tronto (AP), Cerqueto di Fano Adriano (TE), Isola del Gran Sasso (TE).Nella mitologia è associato alle divinità Pan, Dioniso e in epoca Romana abbiamo fonti storiche riguardanti l’imperatore Nerone ricordato come un abile suonatore di zampogna.
Questo strumento era usato dai pastori per accompagnare il ballo del saltarello, per accompagnare la poesia a braccio, i canti a distesa, o per assolvere funzioni lavorative a contatto con i greggi di pecore, per radunarli o per dare segnali ad altri pastori in lontananza.
Le zampogne sono strumenti ad ancia semplice o doppia. Unserbatoio d’aria a forma di sacco chiamato otre serve a contenere l’aria che poi metterà in vibrazione le ance. Solitamente ricavato da pelle di pecora o di capramessa a macero nel sale grosso e allume di rocca per qualche giorno.


FONTE: https://www.progettomia.it/musica-e-tradizioni/